Quasi amici – recensione

Poetico, la sinfonia dolce-amara della vita…

USCITA CINEMA: 24/02/2012
GENERE: Commedia
REGIA: Olivier Nakache, Eric Toledano
SCENEGGIATURA: Olivier Nakache, Eric Toledano
ATTORI: François Cluzet, Omar Sy, Anne Le Ny, Audrey Fleurot, Clotilde Mollet

La commedia transalpina negli ultimi anni sta veramente facendo scuola, se  quella italiana è ormai fossilizzata ai “cine-panettoni”  ed ai remake, quella francese sforna prodotti godibili e di alta qualità.

Quasi Amici  è  diverso dalle solite commedie, si ride, si piange, si riflette. Driss (Omar Sy) è un uomo del ghetto, con qualche precedente penale, senza un euro, alla ricerca del sussidio di disoccupazione, per tirare avanti alle “meno peggio”,  quando si ritrova sulla sua strada Philippe  (Francois Cluzet), un borghese parigino, paralizzato dal collo in giù, a causa di un incidente in parapendio, che gli propone di diventare il suo personale badante. La trama è apparentemente semplice, ma diventa la vera forza motrice dell’intera pellicola. Sulla base di un ossimoro di mondi contrapposti, nasce una vera e propria amicizia, a suon di battute, e di “politically scorrect”.  Driss è un pesce fuor d’acqua, una persona semplice, ma incredibilmente vera, nella sua spontaneità c’è proprio quello che Philippe cercava, ovvero un totale disinteresse verso la sua condizione. Basta con la solita pietà di qualificati professionisti. Quello che risulta dall’intreccio di questi due personaggi è paradossalmente poetico. Philippe riscopre il piacere della vita, tramite la stravaganza di Driss. Lo spettatore è catturato dalla storia, narrata in maniera abbastanza lineare ma efficace. Si inizia dalla fine, per poi raccontare  i fatti. I personaggi marginali non sono caratterizzati benissimo, ma non importa,  i protagonisti sono esplosivi, Driss con le sue movenze da ghetto, i suoi balli, il suo voler prendere la vita sempre con il sorriso, e Philippe con la sua compostezza da borghese, la musica classica, l’amore per l’arte. La prova dei due attori è strepitosa, Omar Sy è portentoso nel trascinare lo spettatore, ma Cluzet non è da meno; gli unici movimenti del suo personaggio sono rappresentati da una mimica facciale di un espressività degna di nota, una teatralità da palcoscenico. Neanche la musica è lasciata al caso. C’è un pizzico di italianità nella colonna sonora di Ludovico Einaudi, che anche qui contrappone la classicità e la pacatezza di  Philippe, contro gli intermezzi rock, di Driss.

La semplicità di una pellicola che emoziona fin al profondo. Gli spettatori hanno bisogno di questi film. L’americanizzazione del cinema ormai è totale, e scostarsi ogni tanto da esplosioni e super uomini non può che far bene. La rielaborazione di una storia realmente accaduta, affascina, tra sorrisi e occhi lucidi, ecco a voi, la sinfonia dolce-amara della vita.

Vincenzo M.

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