Albo dei giornalisti: paghi e ti iscrivi… attenzione alle truffe

investigative_journalismDopo “Albo dei giornalisti, miraggio per tanti, affare per pochi”, continua la mini-inchiesta sul subdolo sistema che dietro le quinte, cerca di sfruttare quanto più possibile giovani aspiranti giornalisti, con il miraggio dell’iscrizione all’albo.

Capita, girando su siti di annunci, di trovare diverse offerte che riguardano il reclutamento di aspiranti giornalisti. Molte sono palesemente sospette, non hanno recapiti, nominativi, e non spiegano bene le figure ricercate. Non abboccare a questi tranelli risulta semplice.

Diversamente, da un po’ di tempo, invece, si trovano annunci di una nota testata che sponsorizza un corso per iscriversi all’albo dei giornalisti pubblicisti. Apparentemente tutto sembra portare realmente al giornale in questione, loghi, link, tutto vero. Il corso in questione ha un costo esplicito, ma relativamente basso, accessibile a chiunque, e promette tutoraggio personalizzato in vista di una futura collaborazione retribuita con lo stesso giornale. Bene, si potrebbe pensare che finalmente qualcuno è disponibile a formare giovani giornalisti, per poi immetterli in redazione. Ad un primo contatto informativo, però, iniziano a venire in mente i primi dubbi. Vi è subito una richiesta di parecchi dati personali, decisamente poco consoni per una semplice mail delucidativa. Basta stare al gioco e viene subito inviato il regolamento del corso. Niente di apparentemente sospetto, fino a quando, leggendo, non si arriva al nocciolo della questione. Se da un lato viene specificato che, dopo un numero non meglio precisato di lezioni, si può scrivere per questa redazione e venir pagati, in modo tale da poter richiedere il tesserino da pubblicisti, dall’altro, viene illustrato che su richiesta insindacabile del direttore, possono esserci per il corsista delle spese di revisione sugli articoli. Forse detta così non è chiara. In parole semplici, viene inscenato un finto pagamento al corsista, con tanto di ritenuta d’acconto, questo poi, dovrà pagare la stessa cifra (che non ha però incassato) per un servizio (obbligatorio) di tutoraggio su ogni singolo pezzo pubblicato.

Siamo alle solite. Si paga per lavorare. Ormai in Italia sta diventando una consuetudine radicata, soprattutto in quelle professioni che richiedono tirocini obbligatori o praticantati. L’ennesima dimostrazione del losco business che si è creato ai danni di chi prova in tutti i modi a raggiungere il tanto sospirato obiettivo.

Vincenzo M.

Foto @Web

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