Albo dei giornalisti, miraggio per tanti, affare per pochi

Giovane uomoL’accesso alla professione giornalistica negli ultimi anni è diventata sempre più difficile. Sono lontani i tempi in cui giovani e talentuosi redattori riuscivano a fare gavetta in redazioni, piccole o grandi, e fare di una passione un mestiere. Se da un lato, soprattutto in ambito universitario, si sono moltiplicati a vista d’occhio i corsi che riguardano il giornalismo, dall’altro, poter mettere in pratica ciò che si è imparato risulta parecchio ostico. Ovviamente, nell’era di internet, è possibile esercitarsi a scrivere in qualsiasi momento su blog o siti, mettendo in mostra le proprie capacità e trattando le tematiche preferite. E’ però complicato tramutare questa dedizione in lavoro. Difficilissimo trovare redazioni che puntino sui giovani, formandoli a professionisti di domani, molto più semplice, invece, trovarne che puntino ad altro: lo sfruttamento.

Per essere considerati formalmente giornalisti, ci sono due vie. La prima è quella di riuscire a farsi assumere come praticante da una redazione, lavorarci per diciotto mesi, e fare l’esame di stato per l’iscrizione all’albo dei Giornalisti Professionisti. Piccolissimo dettaglio, il praticante è uno stagista retribuito contrattualmente, motivo per il quale è diventato pressoché impossibile percorre questa strada. Un lavoro retribuito nel 2015 è un miraggio per tanti, figurarsi una professione così ambita e con migliaia e migliaia di richieste. Cosa ha inventato allora il sistema? Visto che nessuno paga giovani giornalisti, possono pagare loro per riuscire a raggiungere il tanto sospirato obiettivo. Nascono così le scuole di giornalismo riconosciute dall’ordine, i cui corsi, della durata di diciotto mesi, servono a surrogare la classica gavetta del praticante, portando poi gli aspiranti all’esame di abilitazione. Non è tutto oro ciò che luccica. I costi di questi master sono elevatissimi, oggettivamente inaccessibili alla stragrande maggioranza delle persone. E’ vero, esistono per i redditi più disagiati delle borse di studio, anche a copertura totale, ma risuonano però come presa in giro. Solitamente le somme sono a rimborso, dopo la fine del corso. Ci si troverebbe a dover anticipare quindi, grosse cifre, per poi averle indietro dopo quasi due anni. E’ scontato dire che, chi non ha soldi, non potrà accedere neanche con la borsa di studio.

La seconda via, è quella dell’albo dei giornalisti pubblicisti. In questo caso, ci si iscrive all’ordine professionale, dopo una collaborazione retribuita per almeno ventiquattro mesi con una o più redazioni. Ogni regione mette dei limiti minimi in termini di articoli da scrivere e pagamenti da percepire. Per fare un esempio, ci si può iscrivere all’albo della regione Sicilia, producendo novanta articoli nel biennio, pagati al netto delle tasse almeno 500€ ogni anno. L’albo segue la residenza o eventualmente il domicilio dimostrabile. Se all’apparenza, questa modalità di accesso alla professione, sembra più semplice, nella realtà sta generando un sistema di sfruttamento massiccio. Basta fare un giro su siti di annunci o su giornali del settore, per rendersi conto che dietro l’albo dei pubblicisti, c’è letteralmente un business, dove redazioni medio-piccole (quelle grandi non perdono neanche tempo a considerare redattori non iscritti all’albo), tentano in tutti i modi di aggregare i giovani aspiranti, chiedendogli, senza neanche girarci intorno, di lavorare gratis e di versare da soli le ritenute d’acconto. Nella migliore delle ipotesi, non si viene pagati, ma il “buon cuore” del direttore fa sì che almeno le ritenute siano versate dalla redazione. Tutto ciò, oltre ad essere moralmente deprecabile, da qualsiasi punto di vista, poiché la nostra costituzione prevede che il lavoro, di qualsiasi tipo deve essere retribuito, è anche un reato perseguibile penalmente.

Questi fenomeni sono palesemente conosciuti da tutti, anche dagli ordini stessi, che niente fanno per contrastarli. Il risultato è sempre lo stesso: togliere qualsiasi tipo di possibilità a chi vuole correttamente e nel rispetto della deontologia giornalistica, trasformare passione e capacità, in mestiere.

Vincenzo M.

Foto @Web

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