3° fiction day(s): quando la realtà allarga i suoi orizzonti alla finzione

Due giorni di discussione sulla fiction italiana e straniera quelli del 19 e 26 ottobre (rimandato a giovedì prossimo a causa dell’acquazzone che ha mandato Roma in tilt il 20 ottobre), un clima rilassato e aperto a critiche e dibattiti, un convegno il cui scopo è stimolare una riflessione sul mondo della televisione italiana e delle caratteristiche del suo mercato, da sempre definito in crisi ma mai realmente affondato. Ecco una delle tante iniziative (finora ben organizzate e ben riuscite) proposte dal Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale de La Sapienza, a Roma. Un input importante lanciato da un’università che si mostra completamente in grado di spaziare tra insegnamenti accademici ed esperienze dirette di chi questo mondo contribuisce a crearlo, in un periodo in cui l’Università italiana sembra in una crisi nera difficile da superare.

Si dà dunque il via alla terza edizione di questo congresso che cerca di aiutare a districarsi nel contorto caso delle fiction in Italia non solo studenti che la comunicazione sono abituati a studiarla (purtroppo, sempre più spesso, solo sui libri) ma anche chiunque sia interessato ad un argomento così attuale ed interessante da analizzare.

Le giornate risultano suddivise in 6 sessioni, ognuna focalizzata su particolari aspetti di questo variegato mondo:  dalle fiction interamente nostrane a quelle transnazionali, giungendo fino all’analisi delle fiction di culto. Un programma, quello della prima giornata, capace di colpire gli spettatori, in gran parte giovani, con ospiti di rilievo ed esempi di serie conosciute dai più. Ecco dunque che sentir parlare de “i Cesaroni” da Fabrizio Cestaro, sceneggiatore delle prime due serie, è affascinante perché capace di svelare il processo di produzione e le scelte che hanno portato la serie a diventare il prodotto fortunato che tutti conosciamo. Nato da un adattamento del format spagnolo “Los Serrano”, è stato necessario un accurato lavoro di studio e trasformazione: le vicende italiane si focalizzano sulla disparità culturale tra Giulio (romano d.o.c., con la sfrenata passione per il calcio, capace di diventare rude e primitivo davanti la sua squadra del cuore) e Lucia, (sofisticata insegnante di Milano da poco tornata a Roma, sua città natale) ex con cui risboccia la passione. Ma pochi sapevano, prima di quest’incontro, che in realtà in Spagna tutto ruotava intorno alla differenza d’aspetto tra i due protagonisti: lui brutto, sempre in difficoltà nel relazionarsi con una compagna bella e affascinante. In Italia, l’escamotage di usare lo stereotipo  del divario “culturale” tra una famiglia completamente al femminile e una al maschile è però risultata più appropriata, visto inoltre che Claudio Amendola, che dà l’aspetto al personaggio, non sembra esser assolutamente emblema del “brutto”.

Inoltre tante le differenze sono quelle riscontrate dagli stessi sceneggiatori tra modello di lavoro sul set italiano e spagnolo; in quest’ultimo, pur sembrando un caos quello in cui ci si muove durante le riprese, l’altissimo livello di professionalità e la presenza di due registi (come nei nostri programmi di intrattenimento, uno sul set a dare indicazioni e uno in sala a decidere quale camera usare in un momento e quale in un altro ) permettono di creare a fine riprese un premontato quasi pronto, solo da rifinire e, conseguentemente a ciò, la capacità di avere un prodotto finito molto più rapidamente.

Interessante poi anche l’intervento di Laura Cotta Ramosino, editor Rai, che ha spiegato il funzionamento e l’approccio delle co-produzioni, e la collaborazione che avviene in questi casi: ad esempio nella mini-fiction recentemente trasmessa dalla Rai sulla principessa Sissi, ormai conosciuta e amata dal pubblico per la serie dei tre film con la Schneider,  molte note tedesche e austriache che indicavano l’inserimento di ingenti parti sulla storia austriaca, sono state ridimensionate per la messa in onda nel nostro paese perché giudicate non digeribili dagli spettatori italiani. Quindi un importante mix di collaborazione e giusti accorgimenti a seconda del pubblico che ci si trova davanti.

Illuminanti poi anche gli interventi di Buscaglia (responsabile cinema e fiction Rai Due), Grignaffini (vice-direttore Fiction Mediaset) e Agata Spatola (responsabile della programmazione Fox e foxLife) perché abili nel mostrare un affresco della fiction italiana a seconda della rete. Ad una Rai 1 che preferisce una produzione propria, tutta italiana di fiction risponde la stessa scelta di mercato da parte di Canale 5. Rai 2 invece adotta la stessa scelta di Italia 1 nel dare rilevanza a fiction straniere (nulla la percentuale della produzione nazionale) cercando di capire quelle che potrebbero diventare veri e propri cult perché completamente fatti propri dal pubblico italiano. Spesso questa scelta di non produzione, praticamente imposta da motivi di costi non sostenibili, ha ben ripagato: basti pensare a Lost, su rai 2 (ndr approfondimento sull’argomento nel secondo appuntamento dalle ore 11,30). Il punto di vista più innovativo sul tema proposto è offerto dall’approccio di Fox, prima tv tematica seriale, in cui, per la prima volta nello scenario italiano, si presentano promo realizzati a livello cinematografico e si dà vita a serate tematizzate: comedy o drama…

A concludere un altro nome di spicco, Ettore Bernabei (ex Presidente Rai e oggi Presidente onorario Lux Vide) che con il suo intervento ha arricchito una giornata già interessante. Tra le affermazioni più significative la convinzione che il problema della televisione non sia nell’innovazione, quanto nella qualità, e che ci troviamo in un periodo di crisi non solo economica ma anche di smarrimento, che la tv alimenta creando un senso di insoddisfazione. Quel che però bisogna sempre ricordare nel momento di produrre o trasmettere una fiction è, a suo dire, che questa “nel bene o nel male, è sempre pedagogica”.

Queste riflessioni forse ci aiuteranno a scorgere molto altro dietro un prodotto televisivo che ci troviamo spesso a seguire, senza rifletterci molto. O forse contribuiscono almeno a far riscoprire un po’ di curiosità sul mondo in cui viviamo.

Cristina P.

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