The Lobster – L’amore ad ogni costo

large-poster_560x800_lzGRpJ_2_it_1_18214_36365_292913_1220The Lobster è un film scritto e diretto da Yorgos Lanthimos, con Colin Farrell e Rachel Weisz, uscito in Italia il 15 ottobre. La pellicola è ambientata in un futuro distopico dove tutti i single della città vengono deportati in un albergo e sono costretti a trovare l’anima gemella che li accompagnerà per il resto della loro vita. Entro quarantacinque giorni. Se falliscono saranno trasformati in un animale a loro scelta. Le coppie formate verranno messe alla prove con  simulazioni di vita reale, quali vacanze insieme e relazioni con finti figli.  Solo dopo potranno tornare in città verso una vita felice e programmata.

Durante questa corsa contro il tempo i numerosi “ospiti” dell’albergo ricorrono a tutte le loro capacità e a quello che hanno imparato sull’amore per arrivare, tra i primi, nella zona coppie. Secondo il più vecchio segreto delle affinità elettive si trova anche chi, per far colpo su una donna affetta da una piccola emorragia al naso, dà delle violenti testate contro il muro ogni volta che sa di incontrarla. Il protagonista, Colin Farrell arriva in albergo dopo il divorzio con la moglie e accompagnato dal fratello divenuto un cane. Dopo aver tentato, anche lui fingendo, di trovare una compagna senza successo scappa e si unisce ai “solitari”, uomini e donne che si nascondono nel bosco per sfuggire all’obbligo dell’accoppiamento. Qui si innamora di una donna, Rachel Weisz, ma andando contro alle regole dei solitari, che vietano a loro volta l’amore corrisposto, è costretto a scappare con lei dopo che è divenuta cieca per volontà della leader che li ha scoperti. Nell’ultima scena, il protagonista, ormai in salvo, è divorato dal dubbio di accecarsi per essere così più vicino alla sua compagna.

Il film pone, a mio parere, due interessanti quesiti:
Primo. Perché la società in cui viviamo, e quella futuribile descritta da Lanthimos, ci spinge a pensare che solo tra coniugi possiamo essere felici?
Perché la civiltà di consumo delineata nel film, dove le coppie sfilano insieme nei tanti centri commerciali della città, molto simile alla nostra, ha bisogno della famiglia. Come scriveva Pier Paolo Pasolini, nel suo articolo sul Corriere della sera nel 1974,

Un singolo può non essere un consumatore che il produttore vuole. Può essere un consumatore saltuario, imprevedibile, libero nella scelte, sordo, capace anche del rifiuto. La nozione di singolo è per sua natura contraddittoria e inconciliabile con le esigenze del consumo. Bisogna distruggere il singolo, perché è in seno alla famiglia che l’uomo diventa veramente consumatore: prima per le esigenze sociali della coppia e poi per le esigenze sociali della famiglia con prole al seguito.“

Secondo. Davvero, come capita al protagonista, pensiamo che per costruire una relazione felice e sicura si debba diventare sempre più simili al partner? Che sia questo, quindi, il metodo migliore per conquistare qualcuno a cui, poi, appoggiarsi sempre e comunque sperando che lui o lei ci salvi da una vita piena di solitudine? A mio parere, uno spunto di riflessione per provare a rispondere a questo quesito ce la dà Nietzsche in un brano del suo saggio “Umano, troppo umano” pubblicato in due parti nel 1878 e il 1879.
Come per passare accanto a un abisso o per attraversare un profondo torrente su un ponticello si ha bisogno di una ringhiera, non per aggrapparsi a essa – ché crollerebbe immediatamente – bensì per suscitare per l’occhio l’idea della sicurezza, così si ha bisogno da giovani di persone che ci rendano inconsapevolmente il servizio di quella ringhiera. È vero, esse non ci aiuterebbero, se noi volessimo veramente, in un grande pericolo, appoggiarci a esse, ma danno il senso tranquillizzante della protezione vicina.

Marco Passarello

Foto @Web

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